Simona Cresci
A PROPOSITO DEL VIVERE E DELL’AGIRE…
“Between art and life” (Rauschenberg)

L’uomo, così come l’artista, si forma con l’esperienza. È da questa conoscenza che bisogna partire per presentare l’opera di Claudio Di Carlo che, con la mostra dal titolo “Life in”, racchiude la sua singolare attività artistica che lo vede impegnato, da oltre un trentennio, in importanti vicende umane basate sulla condivisione degli ideali ed esperienze collettive: “la mia storia e la mia crescita professionale è stata proprio vivere la vita” . Ed è ancora oggi che la scelta di vivere un’esperienza collettiva come la coabitazione, dal 1999, nell’Ice Basile studio a Roma, è una felice conseguenza che l’artista pescarese vive da quando, all’età 16 anni, partecipa alla prima comune anarchica hippy in Italia, dislocata in cinque cascine nelle montagne piemontesi.

Per contestualizzare l’opera di Claudio Di Carlo - oggi concentrata nella pittura -  non si può ignorare la sua formazione artistica avvenuta a Pescara in un periodo storico (gli anni Settanta) che, dopo l’influenza della contestazione giovanile, si caratterizzò per le scelte culturali alternative e d’avanguardia. Claudio Di Carlo, in pieno accordo con gli eventi caratterizzanti il principio studentesco, partecipò attivamente all’ondata di incertezza  attraverso manifestazioni artistiche e musicali che divennero il suo canale di comunicazione. 
Tali eventi furono la conseguenza di avvenimenti politici ed economici avvenuti negli anni Sessanta quando, contemporaneamente all’espansione dell’imperialismo USA e dello sviluppo capitalistico europeo, la mercificazione del prodotto artistico venne razionalizzata al massimo: galleristi e direttori di museo si qualificarono come managers della produzione artistica creando strutture di mercato ed infrastrutture di informazione analoghe, per certi versi, a quelle delle normali aziende. Forte, a tal proposito, la protesta di artisti che vedevano il condizionamento ideologico nei confronti del loro settore con la trasformazione dell’arte figurativa in uno strumento di consenso da parte del sistema e delle classi sociali dominanti. Tale consenso avveniva non solo nell’area dell’imperialismo ma anche in quella subordinata dei Paesi capitalistici europei; si aggiunga che le contraddizioni in seno allo sviluppo imperialistico (Viet-Nam) ed a quello capitalistico dei Paesi europei si accentuava sempre più. La conseguenza furono le rivolte studentesche, il maggio francese, la contestazione delle istituzioni sociali e culturali. 
Le rivolte studentesche e giovanili a Roma, Parigi e Berlino rappresentarono una forte ventata di rinnovamento e trasformazione che percorse l’Europa nell’intenzione di una critica radicale nei confronti dei suoi fenomeni d’egemonico espansionismo industriale. Gli artisti, a loro volta, andarono contro un sistema dell’arte immessa come merce nel sistema generale dell’economia tendendo al suo superamento: parteciparono al movimento attraverso esperienze politiche con allestimenti di ateliers popolari stampando manifesti murali, organizzando e promuovendo concerti musicali e azioni performative con i quali si esprimeva una chiara approvazione a tutto il sistema di contestazione in atto.    
Nella seconda metà degli anni Settanta Pescara visse momenti di grande fermento artistico e culturale tanto che, nel 1977, nacque “Convergenze”, un luogo in cui artisti di diverse generazioni con opposte esperienze espressive (tra cui Claudio Di Carlo), si sono incontrati permettendo così di far nascere attraverso la musica, la poesia, le arti visive e il teatro, importanti dibattiti di idee e tendenze culturali. “Convergenze”, perfettamente in linea con i fatti del decennio, divenne il luogo in cui il momento della produzione artistica coincise con l’atto vitale dell’artista: l’oggetto venne rappresentato con l’azione, con l’evento, per un bisogno di penetrare nella realtà. Ed è proprio in quegli anni che Di Carlo vede crescere la sua formazione culturale che lo porterà ad istituire, negli anni Ottanta, gruppi musicali di genere rock ed a partecipare, contemporaneamente, ad azioni e performances collettive. E’ con simili azioni, quindi, che l’artista portò avanti attivamente l’assunto arte-vita che si riproponeva, dopo la consapevolezza della prima avanguardia, come l’esperienza diretta dell’artista nella realtà, avviando quel processo di aggregazione che vide l’incontro di forme espressive diverse tali da rendere un’opera spettacolare.
La sua scelta di portare il proprio messaggio culturale attraverso la musica e la fondazione di uno dei primi centri multimediale chiamato “Officina”, sono nati dall’esigenza di elaborare una ricerca artistica alternativa ai circuiti tradizionali. Oggi, però, anche se tale assunto di vita è stato solo in parte abbandonato, per l’opportunità dell’evoluzione individuale che nella maggior parte dei casi conduce l’essere umano ad intraprendere dei percorsi alternativi a quelli che hanno caratterizzato la propria formazione, Claudio Di Carlo, pur conciliando alla sua attività di pittore la condivisione in campo musicale e performativo, conserva la sua volontà di apertura nei confronti delle altre arti. 
L’importanza del suo lavoro riguarda lo studio compositivo e architettonico dell’immagine in cui la rappresentazione di particolari della figura femminile, ritratta in tutta la sua sensualità e in abbandoni erotici, rendono possibile mantenere uno stato di ambiguità che la figura intera potrebbe altrimenti volgarizzare. Il suo interesse non è rivolto alla narrazione del soggetto rappresentato ma attraverso equilibrate campiture di colori, ordinate per mezzo della precisione del tratto, mette in atto una articolata ricerca stilistica. 
Claudio Di Carlo, eternamente cosciente di vivere nel suo tempo, sembra comporre attraverso i suoi quadri un armonico brano musicale frutto, oltre che della sua espressione individuale, del desiderio di comunicare, ogni volta, il valore sociale del fare artistico.
Ed è stata in occasione dell’inaugurazione della mostra “Life” in che si è riscontrata la sua volontà a continuare a rappresentare una nuova dimensione oggettiva attraverso uno spettacolare lavoro collettivo che, partendo dal principale riferimento dei suoi quadri, ha visto impegnati numerosi artisti in una serie di performances comportamentali e musicali offrendo, così, al numeroso pubblico presente, la possibilità di commisurarsi, ancora una volta, con un linguaggio artistico basato sullo scambio ed il confronto 

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