Paola D’Andrea 
QUANDO LA VITA E’ DENTRO…
 
 

La donna per Claudio Di Carlo è un bersaglio sentimentale, è l’oggetto che traduce la sua passione per la vita, l’ossessione poetica che lo immerge in tutte le fasi di allestimento del set fotografico, durante il quale nasce l’immagine pittorica definitiva, liberata e spontanea. La donna è distruttrice e creatrice, è l’essere più vicino agli dei, racconta Di Carlo attraverso questa affermazione che trapassa il dipinto, accende i toni vivi della materia pittorica e ferisce il soggetto, segnato dal troppo amore che lo invade. La donna è una melodia dal valore variabile che costituisce un pensiero musicale organico sulla vita: il rosso è il contrappunto che attira l’occhio e combina più melodie pittoriche, secondo determinate regole conformi alla tradizione. Icona spirituale verso la quale tutto converge e si offre, la donna è espressa con la liturgia del gesto (pittorico) e del senso, ricercato dall’uomo che, conduce il suo lavoro, fino al raggiungimento del luogo della sua esistenza artistica e spirituale: <<il mio lavoro è la mia chiesa>> sottolinea l’artista, con un inciso che, al pari di una strofa musicale, è ancora uno spunto melodico ritmico per la sua pittura. 
Nei suoi dipinti approdiamo alla conclusione di una storia, nel momento in cui la calma avvolge l’eros, aspetto umano di un linguaggio primordiale che eleva l’essere alla sua spiritualità. Da questo momento liminale, l’osservatore ha la possibilità di rielaborare una storia più personale e privata che richiama le sue memorie intime, affettive e persino mordaci. L’immagine nasce da una messa a fuoco iperfocale del soggetto e dalla sostituzione simbolica di un oggetto, un gesto, una scarpa, un accessorio tipicamente femminile e la sua riduzione ad un determinato istinto che è in qualche relazione con il desiderio del guardare. La donna è spogliata delle sue inibizioni, colta in momenti privati, spontanei, statici, ma il regista delle sue azioni è sempre l’artista che traduce, nella spontaneità dei gesti, la sua adorazione mistica per l’universo femminile e la naturale autorità erotica dei suoi movimenti. Adorazione per tutte le donne amate, avversate, desiderate, venerate, attraverso l’arte che è vissuta come una necessità, un istinto primordiale, una curiosità erotica, al pari delle inibizioni dell’età adulta: la tendenza a mettere in rilievo gli aspetti sensuali del soggetto deriva, inconsciamente, da una considerazione sulla realtà di richiamo freudiano. Ma Di Carlo guarda alla realtà con gli occhi di un bambino, facendo uso dell’energia scopofilica dello sguardo, tipica dell’età adolescenziale. La visione penetra in una realtà fatta di indiscrezioni, avvicina e domina i suoi oggetti d’affezione; poi l’allucinazione dell’artista preleva una parte del corpo femminile in un atteggiamento che attiva il desiderio dell’osservatore. L’iperrealismo del taglio ravvicinato traduce le immagini in segni, fantasie inconsce e oniriche, dettate dalla volontà di mostrare aspetti narrativi in maniera parziale, per attivare nell’osservatore altrettante fantasie, altrettante storie e non soltanto il piacere dello sguardo invasivo di un voyeur che guarda dal buco di una serratura. L’artista è l’uomo che, presente nelle stanze, vive quelle storie da osservatore “discreto” e funziona da completamento passivo del momento raccontato. Nell’immagine l’uomo è sempre assente perché l’arte è la sua salvezza, è l’unica condizione pura per relazionarsi al soggetto. Il rapporto narcisistico dell’artista con la donna non le ruba nulla; sottolinea invece la netta superiorità del suo stato di natura, perché viene espressa attraverso un’arte completamente offerta alla sua persona. Affermare poi che la donna è “l’essenza decorativa del dipinto” porta l’artista a risolvere una ricerca sulla struttura modulare dell’immagine e dei singoli elementi raffigurati, che appartengono alla grazia dell’Io femminile, ma che costituiscono il midollo osseo della struttura interna del quadro. Decorativo è il soggetto che conferisce importanza al motivo dell’opera, per la posizione, per l’aspetto e per il taglio che servono come segni di riconoscimento all’artista e sono un tributo all’oggetto della sua ispirazione.   
La mimetizzazione del soggetto nello spazio del quadro, dal sotto in su, in una parte per il tutto, riflette la volontà di focalizzare l’essere femminile durante l’atto di svelarsi, allo stato puro, che rappresenta una forma di sublimazione verso l’arte. L’immagine non rivela gli aspetta erotici e carnali della storia, ci chiede di entrare dentro, ma poi “ci fa strisciare” in un’altra dimensione, perché ormai non appartiene più a questo mondo. E come non farsi tornare in mente una canzone rock con un artista che ha dedicato la sua vita alle forme più svariate dell’arte, tra cui la musica; una qualche canzone che ognuno di noi ricorda come la colonna sonora di un momento della sua vita. Quando guardo e riguardo i suoi dipinti, mi tornano in mente alcune strofe di One (U2): “You ask me to enter, but then you make me crawl (…) one love, one blood, one life, you got to do what you should…one life, but we are not the same”. Maschile e femminile coesistono nell’animo dell’artista in perfetto equilibrio “estatico”, davanti ad un microcosmo fatto di immagini, illuminate da una luce cristallina che raffredda la tensione erotica all’interno della quale nascono. Lo sguardo si raccoglie intorno al particolare per rendere tutto più astratto e tragico: la vita è un’eterna tragedia dell’attimo che sfugge, dell’oggetto che, per associazione, fa scattare un ricordo del momento che diventa drammatico perché giunge alla fine di una storia, di un commiato, di un’emozione fisica e mentale.

Lo sguardo “cinematografico” dell’artista ragiona per fermi-immagine, per campiture piatte, per incisi che ritornano in maniera ossessiva: il lavoro si sviluppa in maniera organica, come un long playing che riassume la produzione performativa, pittorica e comportamentale dell’artista. La musica lavora sui timbri e l’uso per assonanza serve al pittore per forzare i canoni visivi, per segnare i blu, i rossi, i bruni, i bianchi, al fine di raggiungere la sua sinfonia pittorica, in memoria di una tradizione artistica che si rinnova e si innerva sulle idee del passato, per guardare ad un futuro artistico più ricco, più sentito, più poetico…durante la penombra dei sensi, momento del guardare e del vivere l’arte di Claudio di Carlo. 

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