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Pietro Roccasecca
SESSO E GEOMETRIA
La Danae di Tiziano, in cui l’atto sessuale è rappresentato simbolicamente
sotto forma di una pioggia d’oro che cade nel grembo della ninfa e il meno
noto, ma più potentemente evocativo, Giove e Io di Correggio,
nel quale la ninfa è posseduta dal dio in forma di possente nube,
costituiscono un momento di lucida percezione del difficile equilibrio
che si deve stabilire, in ogni epoca, tra il produttore dell’immagine,
il suo consumatore e la morale, affinché l’opera sia lecita e riconosciuta
come arte.
La domanda di realismo nella rappresentazione pittorica del nudo femminile
- che potremmo descrivere come una parabola che partita con la Lussuria
di Pisanello raggiunse il suo vertice, e l’inizio della caduta, con l’Olympia
di Manet - ha dovuto venire (e viene ancora) a patti con la morale.
Non si tratta solo e semplicemente del controllo sui costumi, sui desideri
e sul piacere. La rappresentazione del corpo umano, pone il problema della
bellezza. La bellezza quello dell’identità e della diversità.
Gli studi rinascimentali sui canoni proporzionali del corpo umano hanno
condotto all’antropometria, agli studi di Lombroso, al potenziamento degli
strumenti polizieschi del controllo dell’identità, ma soprattutto,
stabilendo i canoni della perfezione della specie umana, hanno lastricato
la strada che ha portato ai campi di concentramento nazisti.
Il vero esercizio del controllo non fu tanto sull’immagine del nudo,
poiché gli artisti e i committenti, abbiamo visto, riuscirono a
costruire favole che dessero una veste letteraria alla nudità, quanto
sul momento in cui l’artista è al cospetto della nudità.
Lo scandalo è lì, nell’occhio nudo che indaga un corpo pulsante
di vita. Le Accademie d’Arte tra XVI e XIX secolo hanno trovato una delle
ragioni della loro esistenza proprio nell’esercitare giurisdizione su quel
momento. La ripresa dal vero del nudo doveva avvenire solo ed esclusivamente
in sedute da loro controllate. Riunioni non autorizzate erano causa di
scandalo e perseguite. La donna che vi partecipasse, come modella o come
artista, era accusata di pubblico meretricio.
Gli artisti contemporanei, come Claudiodicarlo, non imitano il
corpo piuttosto lo perfezionano, lo purificano. Il corpo, liscio e levigato
viene condotto all’essenzialità di una proporzione pitagorica che
racchiude la più intima legge della natura.
Il corpo è studiato per singole parti: spalle, ginocchia, seni,
piedi, ne vengono ricercate le analogie con forme geometriche: ovali, ellipsoidi,
cilindri.
L’intima geometria del nudo viene esaltata in relazione con architetture
e meccanismi. John G. Ballard nella Mostra delle atrocità ha icasticamente
descritto il geometrico piacere del nudo postmoderno, giungendo a radicalizzare
la relazione corpo / manufatto fino alla loro reciproca compenetrazione:
“La giovane donna era un’equazione geometrica, il modello di un paesaggio.
I suoi seni, le sue natiche illustravano una superficie neperiana a curvatura
costante negativa, il coefficiente differenziale della pseudosfera.” Tabert,
l’alter ego di Ballard, “riusciva a collegare il movimento delle cosce
e dei fianchi della giovane donna all’architettura del pavimento e del
soffitto. Egli aveva accettato senza eccezioni la logica dell’unione sessuale:
tutte le giunture si equivalgono, che siano quelle morbide della nostra
biologia o le geometrie rigide di queste pareti e di questi soffitti. Lui
ricordava questi piaceri: la congiunzione tra il pube esposto di lei e
il profilo lucente del bidet; il cubo bianco del bagno che quantificava
il suo seno destro appena lei si sporgeva sul lavandino; le sue cosce appiattite
sulle piastrelle; la mano destra di lei che sfiorava il pannello dei pulsanti
dell’ascensore”.
La sorprendente esplicitazione postmoderna del nesso tra sesso e geometria
è, ai miei occhi, una prova ulteriore di come il piacere del nudo
sia legato con il desiderio di conoscere il disegno di un ordine naturale.
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